Onorevoli Colleghi! - Siamo rimasti tutti notevolmente scossi dalla tristissima vicenda della giovane Jennifer Zacconi, strangolata e sepolta viva al nono mese di gravidanza dall'ex compagno che non voleva riconoscere la paternità del concepito. A rendere ancora più inquietante un crimine così efferato è stata la contestazione al reo confesso di un solo omicidio volontario, in quanto, in base al nostro diritto, il feto non è riconosciuto persona prima della nascita.
Mentre tutta la società civile mostra grande rispetto e attenzione per la gravidanza, per la donna incinta e per la creatura che porta in grembo, è decisamente aberrante che non debba essere prevista una specifica sanzione di carattere penale finalizzata alla condanna di chi, come nel caso sopra descritto, abbia volontariamente e premeditatamente deciso di recidere due vite.
Nel nostro codice penale, infatti, l'articolo 578 punisce con la reclusione da quattro a dodici anni la madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse allo stesso. Risulta evidente come oggetto della norma incriminatrice sia un reato proprio (soggetto attivo del reato può essere soltanto la madre, da sola o eventualmente in concorso con altre persone) il cui fatto materiale si sostanzia in un infanticidio o feticidio. Quest'ultimo, inoltre, presuppone che si sia compiuto il processo fisiologico